“Lo faccio?
Sì, lo faccio!”
Oggi, dopo aver studiato la mappa dei Monti Simbruini (ossia lo scenario della maggior parte dei test del sottoscritto) durante il pranzo decido di partire.
L’obiettivo, per chi non è pratico della zona, è raggiungere l’Altopiano del Faito, ossia una delle località meno battute e meno facilmente raggiungibili della mia zona.
Lì si trovano faggi, prati, sorgenti, pascoli e, in breve, si trova la montagna inaccessibile, quella dove il telefono non prende e per orientarti occorrono la mappa e un po’ di coraggio.
Coraggio, perché andare lì da solo significa far fronte in autonomia ad eventuali imprevisti.
E serve anche una e-Mtb, perché la salita che da Trevi nel Lazio porta lassù, al rifugio del Faito, è tutt’altro che battuta, facile e dolce.
La batteria della Specialized S-Works Turbo Levo (qui il test) è pronta.
E lo sono anche io.
Parto e i primi 20 km, quelli che mi portano all’inizio di questa salita (una nuova salita per me perché non l’avevo mai affrontata prima) sono un continuo immaginare lo scenario che mi troverò davanti una volta là in cima.
Il Faito, per me, è un luogo del cuore e dell’immaginazione.
L’ho sempre visto, ammirato e immaginato dalle vette circostanti, ma mai mi sono avventurato fin lì.
Perché, dopo aver studiato la mappa, mi dicevo che per arrivare lì avrei dovuto spingere a lungo la Mtb e la cosa non mi ha mai entusiasmato molto.
Sbagliando?
Può darsi, ma è andata così.
Oggi, però, ho deciso che era arrivato il momento di farlo.
Piccola ma fondamentale premessa: da circa un mese e poco più sono passato ai pedali flat che, su una e-Mtb, li ho trovati davvero utili, perché soprattutto in salita mi hanno dato una confidenza immediata.
Salgo quasi ovunque.
Non ho più paura di azzardare passaggi difficili perché in un attimo mi separo dalla bici.
E quindi, oggi, dopo essermi entusiasmato più volte sui single track in salita delle mie parti, ho deciso di fare la prova del nove: un single track in salita con rocce smosse, tornanti stretti, pendenze ben oltre il 20%, fogliame e terra smossa.
Insomma, impraticabile se non con una Mtb a pedalata assistita.
In un attimo mi trovo davanti questa salita e mi accorgo subito che le cose saranno più complicate del previsto.
Sassi e rocce rendono difficile la scelta e il mantenimento della traiettoria.
Tanti alberi caduti per colpa dell’ira improvvisa di un vento improvviso.
E’ tutto meno entusiasmante e meno facile del previsto, ma proseguo.
Ormai ho l’obiettivo in testa e il sole ancora alto mi invita a salire.
Sto salendo pedalando e mi dico sempre di provarci, di non scendere mai di sella.
“Provaci sempre a restare in bici!”
“Continua a pedalare!”
Qui i pedali flat sono una manna.
Sto facendo manovre trialistiche e la bici continua a salire, con un motore che in modalità Trail (quella intermedia) è capace di un’assistenza sempre efficace, prevedibile e adeguata.
E infatti verso quella che immagino essere la fine della salita mi dico che un buon 80% della salita l’ho ormai fatto pedalando.
Pazzesco.
Con i pedali a sgancio non ce l’avrei mai fatta.
Di nuovo alberi caduti… e non trovo il segno bianco-rosso che segna la mia rotta.
Piccolo momento di incertezza.
Mi giro intorno.
Sento muoversi le foglie e capisco che ci sono degli animali.
Cinghiali?
Sì, e tiro un sospiro di sollievo perché da queste parti ci sono anche i lupi.
Continuo a guardarmi intorno e perdo, credo, una ventina di minuti a guardarmi intorno.
Mi dico di stare calmo e ragionare.
“So gestire questa situazione, calma”.
Sono le 15:37 e devo fare i conti con le ore di luce.
Le forze fisiche sono ok.
La batteria della Turbo Levo è al 50-60%.
“Calma, ce la posso fare”
Trovato!
Eccolo lì quel segnale maledetto.
Proseguo, mi rimetto in marcia e il morale torna su.
Però devo stare attento ai tempi e a non fare errori nella guida perché un imprevisto mi metterebbe nei pasticci.
A Michele, un mio amico a cui ho chiesto informazioni su questa salita, ho detto dove sarei andato, però preferisco non pensare a questo scenario…
Devo fare attenzione soprattutto ai tantissimi rami e tronchi che trovo lungo il cammino: possono fare dei danni alla bici da non credere (come mi è già successo più volte…).
Arrivo al punto di svolta.
Mi trovo al bivio che avevo studiato sulla mappa.
So che devo scendere verso Vallepietra e il cartello della segnaletica del Parco dei Monti Simbruini indica un’ora e 20 minuti per arrivare a Vallepietra.
Speravo di meno, onestamente.
Oppure c’è Trevi, ma ad un’ora e 50 e soprattutto una volta lì mi troverei anche più lontano da casa.
Calma e sangue freddo.
D’istinto tornerei a Trevi, ma ragiono e decido di proseguire per la rotta che avevo deciso.
“Coraggio, Simone, guardati intorno e guarda cosa stai vivendo. Metti da parte la paura, resta lucido e goditi il momento”
E che momento!
E che sentiero.
Magari sporco, magari non perfetto, ma con la luce radente del tramonto di inizio primavera, lontano dal mondo e lontano da qualsiasi indizio antropico mi sento un privilegiato.
E mi sento grato per queste emozioni straripanti.
Felice di essere qui, ora, con un mezzo elettrico senza il quale, qui, oggi, non sarei così lucido e allo stesso tempo offuscato dalle emozioni.
Se dovessi dire a cosa servono le e-Mtb, beh, ecco a cosa servono: a salire quassù, pedalando, mettendoci tutto l’impegno di cui sono capace nell’offroad, per raggiungere uno scenario incredibile.
Da privilegiato.
E poi penso che ognuno di noi, ognuno di voi che sta leggendo queste righe, ha un proprio lassù da raggiungere.
Il sentiero scende e già mi immagino qui, di nuovo, quest’estate, con i miei amici.
Calma, sono qui da solo, ora e non devo fare cavolate.
Cerco con gli occhi i segni bianco-rossi che per una seconda volta spariscono dalla mia vista.
Ma mi sono perso di nuovo?
Ebbene sì.
Calma.
Ritorno all’ultimo segno bianco-rosso e mi accorgo di aver fatto tanta strada inutilmente.
Non devo fare errori come questo.
Mi guardo intorno e il sole basso non mi aiuta.
Ma trovo quel segno bianco-rosso e mi rimetto in marcia.
E penso a quante energie emotive spreco quando non riesco a trovare la rotta.
Il sentirsi persi, anche solo per qualche minuto, fa davvero paura.
Mi do una pacca sulla spalla per essere riuscito a restare calmo e a non fare caxxxate.
Riecco la rotta.
E stavolta il sentiero scende in modo più deciso.
Sto abbandonando la faggeta del Faito e a questo punto… si apre la vista sulla vallata di Vallepietra.
Ci sono, ormai il peggio è passato.
Anche se il sentiero che mi aspetta è ripido ed esposto (ma questo lo sapevo prima di partire), da qui in poi non posso sbagliare rotta.
Quello che non devo sbagliare è mettere la ruota anteriore sulla traiettoria sbagliata.
E qui torno a pensare ai pedali flat.
Alle parole di Stefano (Chiri) che mi suggeriva di provarli, soprattutto su una e-Mtb.
Ebbene, io qui, oggi, senza questi pedali, non mi sarei divertito così.
E anche in discesa.
Leggete qui perché.
E mi ripeto, quando mi trovo davanti un passaggio difficile: “Provaci comunque”
Non essere legati alla bici è un vantaggio enorme quando si fanno passaggi sul ripido (e a tratti esposto).
In realtà, ma questo lo dico solo ora, a casa, ho avuto più paura dentro la faggeta che non in questo tratto di discesa.
Bene.
Torno in sella, sto andando giù verso Vallepietra e il sentiero che ho davanti, credetemi, è la mia definizione di single track.
Non troppo esposto.
Con l’erba ai lati.
Senza rocce smosse.
Pendenza intorno al 10%, forse meno.
Insomma, ho trovato il mio sacro Graal che a tratti diventa più ripido, un po’ più difficile, ma meraviglioso.
Certo, da esperti e possibilmente non da soli (qui ho sbagliato, lo ammetto).
Ma in un attimo Vallepietra, il punto dove il single track finisce, me la trovo sotto gli occhi, sempre più vicina, ma sempre in basso, tanto in basso, e questo mi fa capire che c’è ancora da scendere.
E continuo a farlo con la massima lucidità e confidenza.
Provo anche i passaggi più difficili e quasi sempre riesco a farli.
Una roba incredibile.
Merito mio, dei pedali flat o di questa e-Mtb?
O di tutte e tre le cose insieme?
Continuo e ogni tanto mi fermo per qualche foto perché il desiderio di portare a casa frammenti di queste emozioni è fortissimo.
Avrei voluto avere con me la Go-Pro e filmare tutto, ma poi, lo sapete, sarebbe venuto fuori un video noioso.
Arrivo a Vallepietra e finisco proprio davanti ad un bar, di fronte al quale la proprietaria e qualche altra persona mi vedono affrontare l’ultimo tratto di rocce ripide.
“E’ aperto il bar?” chiedo io sorridendo, mentre costei mi guarda con ammirazione.
E qui, davanti all’ultimo semplicissimo e buonissimo pezzo di ciambellone fatto in casa e a un the alla pesca, finiscono le emozioni di questa avventura.
“In tanti si perdono su al Faito” mi dice lei.
E ci credo, ma adesso penso a tornare a casa.
La Turbo Levo ha ancora un 40% di batteria che mi basta e mi avanza per tornare a Subiaco, e chiudere lì questo loop magnifico di 53 km e 1700 e rotti metri di dislivello.
Se dovessi dare un titolo a questa uscita la chiamerei Maturità Simbruina, perché oggi ho dimostrato a me stesso che sono stato capace di affrontare da solo (e anche in poco tempo) alcuni degli scenari più belli ma anche più difficili delle mie zone.
Divertendomi.
E se non avessi avuto una e-Mtb?
Beh, l’avrei fatto lo stesso, certo, ma con un altro spirito.
E lassù, sul Faito, non sarei stato così lucido.
Mi sono divertito in salita, a fare quei passaggi impossibili che la tecnica di guida e il supporto del motore in Trail hanno reso possibili.
Potremmo discutere per ore, ma di fatto le e-Mtb, se usate così, sono degli oggetti fantastici.
E domani, se posso esco con la bici da strada, oppure con la gravel, oppure con la mia Mtb da enduro e di sicuro dividere il mio cuore da ciclista in tante porzioni è un’esperienza davvero magnifica.
Con o senza motore, è comunque divertente.
Se vi capita di venire da queste parti sappiate che qui la bici, tutte le bici, hanno degli scenari che sembrano disegnati apposta.
E sono sicuro che anche voi che leggete potete dire altrettanto delle vostre zone.
Magari ci incontreremo lungo il sentiero o lungo la strada.
Buone (elettro-)pedalate a tutti.
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